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Memorie storiche di Favara di Carmelo Antinoro

TERRITORIO E CENTRO STORICO

 

Indice

1- Territorio

   

2 - Centro storico

a) Sull'origine di Favara

 
 

b) I quartieri

 
 

c) Vie interne e questioni igieniche

 
 

d) Denominazione delle vie e numeri civici

 
 

e) La toponomastica

e.1) La piazza Cavour

 

f) Andamento demografico decennale dal 1548 al 1999

 
     
     
     
     
     

 

 

1 - Territorio

 

Carte dei feudi

Carta dei feudi

1 territorio del Comune di Favara salme legali 1.350

2 Malvizzo (terr. Naro) salme legali 250

3 Deli (terr. Naro) salme legali 480

4 S. Gregorio (terr. Naro) salme legali 150

5 Cianciana (terr. Naro) salme legali 80

6 Poggio di Conte (terr. Girgenti) salme legali 348

7 Pioppo (terr. Girgenti) salme legali 780

8 Saraceno (terr. Girgenti) salme legali 40

9 Petrusa (terr. Girgenti) salme legali 700

10 Caltafaraci (terr. Girgenti) salme legali 70

11Gibilitumolo (terr. Girgenti) salme legali 30

12 Spedale (terr. Girgenti) Salme legali 40

13 S. Pietro(terr. Girgenti) Salme legali 20

14 Chimento (terr. Girgenti) Salme legali 130

15 Burraitotto (terr. Girgenti) Salme legali 200

16 Grancifone (terr. Girgenti) Salme legali 250

17 Narbone (terr. Girgenti) Salme legali 550

18 Val di Lupo (terr. Girgenti) Salme legali 330

19 Burrainiti (terr. Girgenti) Salme legali 840

20 Stefano (terr. Girgenti) Salme legali 186

21 Pirciata (terr. Girgenti) Salme legali 55

22 Fontana degli Angeli (terr. Girgenti) Salme legali 48

 

Carta dei feudi e contrade

1 ex feudo Burraiti

2 ex feudo Falsirotta

3 c.de Gelardo-Marino-Sanfilippo

4 c.da Zonzella

5 c.de S. Anna-Marino

6 c.de Priolo-Ortata-Zolfare

7 c.de Pietra della Croce- Pioppitello-Faccipinta-Crocca

8 c.da Falso

9 c.da S. Francesco

10 c.de Guardia-Calvario-Piana

11 c.da Piana dei Peri

12 c.da Ramalia

13 c.da Guardia

14 ex feudo S. Benedetto

15 c.de Ciccione-Burgelamone

 

 

 

 

 

 

Il territorio del Comune di Favara ha una estensione di 81,02 Kmq. e confina, per buona parte, con quello di Agrigento, tranne che per un tratto di circa 2 Km sul versante orientale, contermine al territorio di Naro, comprendente gli ex feudi Falsirotta, Malvizzo e Deli (v. foto), oltre ad un breve tratto a settentrione, confinante col territorio di Aragona.

L'estremo lembo sud dell'abitato di Favara dista dal mare Mediterraneo 7 Km, mentre l'altezza orografica media dell'area urbanizzata è di 330 metri s. l. m.

Il territorio comunale comprende le seguenti contrade: S. Rocco, Piana, Piana Nuara, Guardia, Itria, Rinella, Ramalia, Ramalia Piana, S. Benedetto, S. Vincenzo, Orti, Orti Mulino, Vallone degli Orti, Pellittera, Monsù, S. Calogero, Giardinelli, Calvario, S. Francesco, Falso, Gelardo Marino, Pietra della Croce, Ciccione, Burgelamone, Molinelli, Nicolizie, Pioppitello, Priolo, Rocca Mezzana, Poggio Muto, Cannatazzo, Gentiluomo, Castellana, Ortata, Contrino, S. Anna, SS. Sacramento, Ticchiare, Vallone di Favara, Roccarussa, Faccipinta, Falsirotta, Burraiti, Lucia, Terreforti, Cannatello, Crocca.

Nel 1843 furono separati dal Comune di Girgenti gli ex feudi:

Scintilia (salme legali 299);

Pioppo (salme legali 786);

Stefano (salme legali 186);

Fontana degli Angeli (salme legali 48);

Mezza Croce (salme legali 47);

Perciata (salme legali 85);

Poggio di Conte (salme legali 348);

che vennero aggregati al territorio di Favara.

Nel territorio scorrono tre torrenti: San Benedetto, Iacono e Burraiti, generalmente asciutti nel periodo estivo e a carattere irregolare e straripante durante le piogge.

Il torrente S. Benedetto scaturisce dall’ex feudo Scintilia, attraversa gli ex feudi S. Benedetto e Pioppo ed entra nel territorio di Agrigento, nell’ex feudo Petrusa. L'acqua che anticamente, durante il periodo invernale, scorreva in questo torrente, permetteva il funzionamento di due mulini.

Nel torrente Iacono, in contrada Deli, si innesta un altro piccolo fiume, proveniente dal territorio di Naro e, per questo, ne ha assunto il toponimo. La culla del torrente si trova in territorio di Castrofilippo, nell’ex feudo Margiovitale, ed entra nel territorio favarese attraversando gli ex feudi Pioppo e Poggio di Conte. Anche questo torrente alimentava diversi mulini.

Il torrente Burraiti attraversa a destra l'ex feudo omonimo e a sinistra l’ex feudo Mandrascava, in territorio di Agrigento.

Il territorio di Favara appartiene al miocene superiore ed è formato da alternanze di marne e argille sabbiose e salate grigio-azzurre. Sopra la marna, in diversi punti, si trova la serie gessosa solfifera, rappresentata da stratificazioni del miocene superiore limitato in basso dai tripoli e in alto dai trubi ed in particolare:

- tripoli, con vasti depositi di fondi marini remotissimi;

- calcare compatto alquanto siliceo;

- calcare solfifero con intercalazioni di marne bituminose (tufi);

- arenozzolo;

- gessi;

- calcare marnoso a foraminiferi (trubi).

Il sottosuolo del territorio di Favara è ricco di giacimenti di zolfo e molte miniere erano attive sin dai tempi più remoti; oggi non esistono più miniere attive. In contrada Priolo esistevano tre miniere: una nel colle di Gelardo, l’altra nel versante di Castellana, sottostante al cugno di Gelardo, e la terza in contrada Castronovo dove sono stati ritrovati una gran quantità di ittioliti (pesci fossilizzati) e fossili vegetali disposti in piani orizzontali, fra lamine schistose. Vicino a quest'ultima, in un colle calcareo denominato Violata, diversi anni fa, un fossile di elephas primogenius pietrificato è stato rimosso in frantumi dalla roccia (i resti oggi si trovano nel museo Gemmellaro di Palermo). Altri avanzi vegetali e ittioliti sono stati rinvenuti in contrada Priolo.

 

 

 

2 - Centro storico

 

 

 

 

 

 

a) Sull'origine di Favara

 

Non esistono notizie certe sull'origine dell'attuale città di Favara.

L'opinione storica più accreditata sarebbe quella che Favara è nata come semplice borgata all'ombra del castello Chiaramonte, favorita soprattutto dalla presenza della fonte Canali e dalla vicina fonte Giarritella (della cui esistenza, sotto i Chiaramonte, si esprimono forti dubbi).

Notizie frammentarie ci fanno sapere che, a seguito della conquista della Sicilia da parte degli arabi, nell'anno 827 d. C., sorse sulle dolci vallate del monte Caltafaraci un Rehal-Fewwâr (casale Favara), di cui tenne il governo Hibn-Hawwâsci. Un riferimento a detto casale si rincontra nell'atto di donazione dello stesso, fatto dalla contessa Marchisia Prefolio, risalente al 1299, in favore del monastero di Santo Spirito di Girgenti, dove si legge che confinava con il casale di Favara. Non è da trascurare il fatto che sul versante che guarda Agrigento del monte Caltafaraci si ergono ancora i resti di una torre di tipologia araba-normanna (circa 100 mq di base e 12 m d’altezza), nell’800 inglobata in una costruzione più ampia (v. foto a sx). Nella zona più alta della montagna sono ancora visibili resti di insediamenti, fortificazioni e necropoli di varie epoche storiche.

Da quanto detto si può dedurre che i due casali erano in vita nello stesso periodo, ma nulla si sa sulla loro reale ubicazione. Non va tralasciato, però, un particolare importante, l'uso immutato del termine Favara del luogo abitato ancora prima del 1299 e successivamente alla fondazione del castello che potrebbe fare intendere la sopravvivenza del sito prima sotto gli arabi e due secoli dopo l'arrivo dei normanni, probabilmente sotto Carlo I d'Angiò, con i Chiaramonte, e nella fattispecie con Federico II Chiaramonte, che secondo gli studiosi, avrebbe fondato il castello a Favara intorno al 1270. La data 1270 riferita dagli storici, non è stata mai suffragata da un documento, anche se la matrice chiaramontana è inconfutabile per via dell'armi lasciate da questa nobile famiglia in molte parti del manufatto.

Per poco più di un secolo il paese fu sotto il dominio dei Chiaramonte, i quali esercitarono il mero e misto imperio (diritto di amministrare giustizia civile e criminale), privilegio revocato nel 1398, qualche anno dopo la decapitazione di Andrea Chiaramonte e sotto la baronia di Guglielmo Raimondo Montecateno (o Moncada).

In quel periodo e fino alla metà del sec. XVI Favara, ancora allo stato embrionale, risultava costituito da una manciata di anime.

Nel 1376 Favara contava 51 fuochi e 40 nell’anno 1439. Tra i centri abitati del circondario di Girgenti, Favara era uno dei più piccoli, come risulta dalla tabella di seguito riportata. 

 

FEUDI

1376

1439

Pietra d’Amico

20

 -

Burgio

36

50

Favara

51

40

Sambuca

 -

60

S.   Stefano

67

10

Muxaro

82

 

Racalmuto

136

50

Cammarata

 -

400

Licata

456

600

Bivona

 -

472

Caltabellotta

514

 -

Naro

943

500

Sciacca

1028

 -

Girgenti

1560

800

 

Nel primo censimento ufficiale del 1548 si contavano appena 500 abitanti e 90 case; in quello del 1570 gli abitanti erano 1726, distribuiti in 441 famiglie, con una media di 3,91 componenti per famiglia. Quanto detto equivale a dire che in 22 anni la popolazione era cresciuta del 345%. L'ascesa non si fermava e nel censimento del 1583 si contavano 2.095 abitanti distribuiti in 562 famiglie, con una media di 3,73 componenti per famiglia ed una crescita rispetto al primo censimento del 1548 del 419%.Non vi sarebbero dubbi neanche sul fatto che questa sarebbe da legare ad un jus populandi.

Il notevole incremento demografico avvenne in un periodo storico successivo al 20 luglio 1557, giorno in cui Giovanna De Marinis, figlia di Pietro Ponzio e Stefania Moncada, prendeva possesso della baronia di Favara con suoi vassalli e pertinenze, assieme a quelle di Muxaro, Guastanella, Gibillina, Burraiti e Cantarella, quest'ultimo in territorio del Salto ed in prossimità del fiume Platani, lo Steri di Girgenti (i cui resti risultano inglobati nel seminario vescovile), assieme ad alcune gabelle. Per l'occasione veniva redatto l'inventario di tutti i redditi relativi al feudo di Favara, derivanti da gabelle, beni mobili ed immobili, nonché dei privilegi, danari, valori, arredi, animali e quant'altro esistente all'interno del castello.

 

 

b) I quartieri

 

Il centro storico di Favara nei secoli scorsi risultava diviso in quartieri. Quelli principali erano: Madrice a sud e S. Antonio a nord, divisi dalla via Lunga (rinominata via Umberto, in onore del Re d'Italia Umberto I di Savoia, subito dopo la sua uccisione, avvenuta a Monza il 29 luglio 1900) che, partendo a valle, dalle spalle del Conzo (luogo di concia delle pelli fino alla prima metà del 1800), si incrociava nella zona media con la strada Nuova (corso V. Emanuele - aperto nella seconda metà del 1800), costeggiava da Badia (collegio di Maria, antica residenza dei De Marinis), fino ad arrivare al Calvario.

Questi due principali quartieri erano, a loro volta, suddivisi in altri quartieri (in rarissimi casi chiamati contrade), la presenza dei cui toponimi ci indica, nella maggior parte dei casi, la nascita e sviluppo di un quartiere, spesso legato ad una emergenza architettonica di particolare rilevanza dal punto di vista sociale e urbanistico.

L’origine e la permanenza di questi toponimi, nelle linee generali, ci tracciano lo sviluppo del centro storico di Favara

 

Per il quartiere Matrice sono da menzionare:

·      Il quartiere S. Nicolò, il cui toponimo riscontriamo ancora oggi, è legato al nucleo più antico, il cui elemento testimoniale principale lo ritroviamo nella omonima chiesa, già in vita nel XIV sec.

·      verso la fine del 1500 riscontriamo anche i quartieri della Pubblica Piazza, della Madrice antica, della Madrice nuova (o Chiesa nuova), dei Pagliai, di S. Lucia, del Castello e quello della Fontana. I toponimi Matrice antica e Matrice nuova, legati chiaramente ad una fase di radicale ristrutturazione della chiesa madre, scompaiono subito, così come il toponimo Castello. Il motivo di questa scomparsa è dovuto alla nascita di nuove emergenze architettoniche come punti di riferimento topologico per la città, ma anche al subentro di toponimi sostitutivi.

I toponimi Fontana e S. Lucia scompaiono dalla tradizione popolare nella prima metà del 1600.

Il toponimo Pubblica Piazza scompare nella seconda metà del 1800, quando il Comune decide di assegnare a questo luogo il nome dello statista Camillo Benso conte di Cavour.

Il quartiere dei Pagliai scompare come toponimo verso la fine del 1600;

·      Fra la fine del 1500 e l’inizio del 1600 si riscontrano i toponimi SS. Rosario e SS. Cosma e Damiano, con chiaro riferimento alla nascita delle due chiese a nord-est della Pubblica piazza. Quello del SS. Rosario cade in disuso verso la fine del 1600, con la decadenza della stessa chiesa, completamente abbandonata in questo periodo e ricostruita nel 1705. Il toponimo SS. Cosma e Damiano cade invece in disuso all’inizio della seconda metà del 1600.

·      Nella prima metà del 1600 compaiono i toponimi Canali e S. Vito, che ritroviamo ancora oggi;

·      All’inizio del 1700 troviamo i toponimi: S. Calogero, della Croce (in alcuni casi Calvario), Piazza matrice.

 

Per il quartiere S. Antonio sono da menzionare:

·      Il toponimo S. Lucia verso la fine del 1500, che perdura fino alla prima metà del 1600 e che coinvolge a sud, anche il quartiere della Madrice.

·      Il toponimo della Croce dalla fine del 1500 i poi. Dai primi del 1700 il luogo viene chiamato Calvario. Il toponimo della Croce, all’interno di quello di S. Antonio, lo si riscontra con oltre un secolo di anticipo rispetto a quello della Matrice, perché la zona cominciò ad essere urbanizzata inizialmente sul lato nord. La differenza fra Croce e Calvario sicuramente sta ad evidenziare che la Croce impiantata in quel luogo nella fase di sviluppo del paese, nei primi del 1700 cominciò a funzionare come calvario, con le sacre funzioni di conduzione del Cristo alla Croce, subito dopo la ricostruzione della chiesa del Rosario, i cui lavori vennero completati nel 1711. Dai registri di questa chiesa risulta infatti che, ogni anno, per il Venerdì Santo, il Cristo veniva sceso dalla Croce della cappella del Crocifisso, all'interno di questa chiesa, per essere condotto al Calvario.

Risulta curioso, ma abbastanza significativo, un fatto accaduto nella metà del 1700, quando un gruppo di persone dimoranti nel quartiere Calvario hanno scritto al Vescovo mons. Andrea Lucchese Palli evidenziando che altre persone residenti nella zona di S. Francesco pretendevano di piantare un Calvario nella omonima collina. Gli abitanti del Calvario hanno fatto sapere al Vescovo che da tempo immemorabile la funzione della deposizione del corpo di Gesù si svolgeva nel loro quartiere, in alto del paese, e, di conseguenza, non potendo coesistere due calvari nello stesso paese, la richiesta non trovò l’avallo del Vescovo.

I due toponimi d’individuazione del luogo coesistono ancora oggi nelle due forme originarie: Croce e Calvario.

·      Il toponimo Carmine lo riscontriamo a partire dall’inizio del 1600, cioè dopo la cessione del complesso conventuale ai frr. Carmelitani da parte dei frr. Francescani e dopo il loro trasferimento presso il nuovo convento sulla collina S. Francesco.

Il toponimo Carmine permane anche oggi.

 

Fuori dal Centro Storico ritroviamo:

·      Nella prima metà del 1600 il toponimo S. Francesco, legato al nuovo quartiere nato in quella contrada, abbandonato nella seconda metà del 1700.

·      Nei primi del 1700 il toponimo Giarritella, ancora oggi esistente.

·      Nella seconda metà del 1800 i toponimi Guardia (in qualche documento riscontrato anche nei primi del 1700, ma come contrada) e S. Rocco, legati all’espansione urbanistica a nord-est dell’abitato. 

Nel 1888 venne abbattuta la roccia di S. Rocco per ricavarne brecciame e sistemare il piano di Giarritella. Scomparvero in tale occasione anche gli avanzi dell’antica chiesa di S. Rocco.

Tra il 1892 e 1893 il Comune pianificava la costruzione dell’area denominata di S. Rocco delimitata dalle vie V. Emanuele, Cappello, Giarritella e S. Rocco.

 

 

c) Vie interne e questioni igieniche

 

Nella seduta del 20 ottobre 1839 la Decuria sollevava l’opportunità, contestualmente ai lavori di sistemazione delle fonti, di levare un masso situato sul piano della Giarritella che sporgeva deformemente sulla strada di recente fatta sino alla così detta infilatura a pian terreno, arrizzare entrambe le mura della nuova strada della Giarritella in tutta la estensione, e sino a terra dalla parte esterna d’ambi i lati, e sino al suolo della strada dalla parte interna, accommodare tutto il tratto della strada, che dalla cantoniera della casa di Violino andava a terminare, ed attaccare colla strada da costruirsi, ossia sino allo stretto, selciare nuovamente tutta la strada che dalla detta cantoniera di Violino andava a terminare alla porta piccola della chiesa del SS. Rosario.

Il 12 giugno 1840 il Sindaco Angelo Lombardo proponeva alla Decuria(2) la riparazione della strada che partendo dall’arco Mendola, attraversava la piazza del Carmine ed andava ad uscire nella strada della Guardia, la cui spesa prevista era di ducati 93.90, da prelevarsi dall’aumento dei dazi sulla carne e sul macinato. La necessità di dette riparazioni, scriveva il Sindaco era dettata dal fatto che era fra le più importanti del Comune, che serviva per il commercio ed a mettere in comunicazione i quartieri più popolosi cioè quello della piazza e quello del Carmine, considerando che le aggiudicazioni dei dazi sopra detti offrivano realmente un fondo di risparmio capace di far fronte alla spesa necessaria per le riparazioni della predetta strada.

La relazione del capo mastro marammiere Carmelo Indelicato del 2 giugno 1840 riguardava il tratto di strada che aveva inizio dal cantone della casa di d. Saverio Fasulo e terminava alla figurella dei gessari (oggi non più esistente) ed in particolare:

1.   tratto di strada che cominciava dal cantone di Raimondo Bellavia che ammontava a canne 11 e considerato il lastricato a grana 25.onze  2.75;

2.   da detto cantone fino al cantone della casa di Giuseppe Ferraro Spitello per canne 45 a grana 25 a canna.onze 11.25;

3.   da detto cantone di Ferraro fino al cantone della bottega di mastro Antonio Patti per una lunghezza di canne 31, a grana 20 a canna onze  6.20;

4.   in più, per situare in ogni canna di longitudine una catena di testette di punta prezzata onze  2.20;

5.   un giacatone di testetti di punta, accoppate, atti a formare la faccia del selciato onze 15.40;

6.   da detto cantone fino alla casa di mastro Francesco Cascio canne 50 a grana 20 onze 10;

7.   da detta casa di mastro Cascio fino al cantone della casa di d. Paolo Fanara per la larghezza di palmi 12 e canne 42 onze  9.45;

8.   per smantellare  la terra e portarla a livello onze  1.50;

9.   dal suddetto cantone di Fanara fino alla figurella dei gessari canne 83 a grana 25 onze 20.75;

10.per spianare in detta strada dei gessari il letto di pietra, incominciando dalla figurella  ed uscire fuori dalla strada della Guardia , compreso l’abbassamento della linea centrale della strada di fronte la figurella di un palmo e quattro canne, cominciando a linea di corpo di biffa ed uscire fuori nel punto predetto dalla guardia la cui lunghezza era di canne 45, a grana 45 a canna, onze 14.40.

La Decuria approvava la delibera per i lavori in dette strade.

Con officio del 26 agosto 1840 l’Intendenza di Girgenti trasmetteva al Sindaco di Favara l’approvazione del suddetto intervento.

Il Sindaco rendeva noto che il 13 settembre 1840 nella sala della cancelleria comunale, alle ore 21 doveva avere luogo la seconda subasta per la definitiva aggiudicazione dell’appalto delle suddette opere. Nella prima subasta rimaneva aggiudicatario mastro Vincenzo Lentini di Antonio, con l’aumento di canne 10 di lastricato in più rispetto a quello contenuto nella relazione, da costruirsi a discrezione del Sindaco e secondo le condizioni espresse nel primo manifesto affisso al pubblico in data 28 agosto 1840. Il 2 dicembre 1840 il Sindaco trasmetteva all’Intendenza gli atti di aggiudicazione dell’appalto.

Con circolare del Ministro, Segretario di Stato degli Affari interni del 23 settembre 1840 trasmessa tramite l’Intendenza di Girgenti veniva chiesto al Comune di Favara un elenco riguardante lo stato di degrado delle strade e l’elenco delle contravvenzioni effettuate, nonchè il risultato dei giudizi pronunciati. Il Sindaco rispondeva che che le strade di Favara erano quasi del tutto distrutte e necessitavano di interventi e che i guasti non erano avvenuti per causa di particolari persone, per cui conveniva l’autorizzazione di una certa somma da impiegarsi per la costruzione di strade e per interventi diretti al mantenimento delle stesse.

Con lettera del 30 gennaio 1841 il Sindaco Angelo Lombardo comunicava all’Intendenza che a seguito di alluvioni sin era verificato lo sprofondamento di un tratto di strada in prossimità della chiesa di Maria SS. del Rosario, che dalla piazza conduceva alla fonte Giarritella, rendendola impraticabile. Tale strada era considerata una delle principali, poichè permetteva alla popolazione di recarsi alla fonte per attingere acqua. Faceva così redigere una relazione dal capo mastro marammiere Carmelo Indelicato, che prevedeva lavori per una spesa complessiva di ducati 2 e grana 70, con prelevamento delle somme dal fondo delle imprevedute. La relazione recitava: primariamente ho trovato dissestata la detta strada in canne nove..... Vi si deve formare una catena di testette nel centro di detta strada situata di punta ben accoppate con ancora altre catene in piano ostruite di pietra rotta ad appoggiare alla catena maestra per lo spazio di palmi 4 in una catena all’altra; inoltre doveva essere formato il fondamento prodotto dall’alluvione con pizzolame di pietra di gesso bene ammataffato ed indi formarsi il selciato di sopra di pietra forte secondo i dettami dell’arte, quali 9 canni di selciato considerato prima ascende a canne 30.

Il 4 marzo 1844 il Sindaco dott. Calogero Miccichè comunicava all’Intendente: a norma dei di lei ordini, con sommo mio piacere vengo a manifestarle che di già sono attivati i lavori della strada che conduce alla fonte della Giarritella e che la medesima è ridotta quasi al suo termine; io animato dal di lei propizio nello agevolare questi amministrati e del pari da parte mia mi sono cooperato a meglio completare questa parte di lavori sulla cennata strada che viene da quella della fonte a comunicare colla piazza, la quale è quella medesima da servire pella strada rotabile comunale che da Girgenti conduce a Favara e da quest’ultima alla traversale di Castrofilippo; io nell’umiliarle l’anzidetto vengo ad esporle che la suddetta strada che s’interseca nella Comune, partendo dalla piazza sino alla fonte cennata da più di un anno da questi comunali si è fatto lecito di commettere alquante occupazioni ed usurpazioni  in diversi punti di essa strada colla costruzione di gradini, piccoli fabbricati ed altro, oltrecchè questi sono da ostacolo pella costruzione della strada in parola, sembrano anche mostruose all’occhio, domentre tale strada servir dovrà pella traversa anche manca di larghezza, per quanto non puorsi affatto esercitare la ruotazione dei carri e quinci è dimestieri che venghino le suddette usurpazioni demolite e ridursi nel primiero loro stato. Attesa quindi la mia umiliata domanda, supplico lei sig. cavaliere Intendente, acciœ si degni permettere che si demoliscano le usurpazioni illecite di sopra, per indi passarsi alla costruzione della strada in favella.

Con lettera dell’11 marzo 1844 il Sindaco dott. Calogero Miccichè comunicava all’Intendenza di aver dato corso alla circolare del precedente dì 10, mediante la quale si ordinava di attivare in tutti i Comuni le opere pubbliche per dare anche lavoro alla povera gente. In particolare evidenziava che con due distinti rapporti del dì 18 aveva rimesso a codesta Intendenza due relazioni accompagnate dalle delibere decurionali che riguardavano, una gli acconci e ripari nelle fonti dell’acqua di Giarritella e Canali, comprese le strade d’accesso a dette fonti, l’altra riguardava la costruzione del campo santo. Detti lavori, in generale, erano considerati i più urgenti.

L’Intendente autorizzava i lavori per la sistemazione delle strade che conducevano alle due fonti. Il Sindaco restava comunque interessato a far sorvegliare l’esecuzione di tali lavori da parte dei deputati delle opere pubbliche e dai Decurioni collaboratori, prendendo nota dei faticanti.

Con una lettera del 19 aprile 1845 il Sindaco Miccichè faceva sapere all’Intendente: Or è un anno che la strada della piazza di questa Comune conduce alla pubblica fontana detta la Giarritella, delle cattive condizioni in che erasi ridotta, veniva accommodata, e resa anzi rotabile. Pel considerevole attrito a cui essa va soggetta pel passaggio di numerosi animali, si è deteriorata in guisa che non riparandosi di presente, corre rischio di rovinarsi del tutto, e così, oltre che una strada cotando interessante ritornerà di nuovo ad uno stato impratticabile, saranno come spesi invano li ducati 381 che l’anno scorso s’impiegarono. Per l’intervento nella suddetta strada il Sindaco chiedeva il contributo volontario di alcuni proprietari ed il prelevamento di una quota dalla cassa comunale.

C'è da evidenziare che frequentemente, col passaggio di carri il brecciame si triturava fino a ridursi in polvere, con gravi disagi per gli abitanti del luogo soprattutto nella stagione estiva. Nella stagione invernale invece le frequenti piogge producevano un’azione di dilavamento del manto superficiale ed in determinati casi, per mancanza di canali di raccolta sotterranei l’acqua trascinava la ghiaia verso valle, rendendo la strada impraticabile. Si ravvisava pertanto la necessità, almeno una, due volte all’anno, di spargere nuovo brecciame sulle strade, soprattutto su quelle in pendenza.

In data 20 aprile 1847 il Sindaco Giuseppe Cafisi comunicava all’Intendente: Trovandosi ammanito il breccione per la strada interna che dal fonte di Giarritella mena alla pubblica piazza mi credo nel dovere di rassegnarglielo, acciocchè, possa se lo crede, autorizzare che venga sparso sulla strada sudetta sino al punto in cui si riserbava Ella di disporre in avvenire, se debba accommodarsi la nuova, o l’antica strada. Al che non si è fatta nè si farà alcuna novazione, giusta i suoi cenni sino a novello suo ordine.

            Con lettera dell’11 settembre 1847, il Sindaco Cafisi trasmetteva all’Intendente l’autorizzazione alla spesa di ducati 11.83 con allegata perizia, per l’esecuzione di alcuni lavori nelle strade, con prelevamento delle somme dalla rata del macino.

Il 2 settembre 1954 si riuniva la Decuria, la cui maggioranza manifestava la necessità della esecuzione dei lavori secondo la relazione del capo mastro marammiere Benedetto Sajeva. Detta relazione prevedeva la sistemazione di alcune strade, con possibilità d’impiego di più braccia di quanto potevano impiegarsene per la ricostruzione della pila; con l’impiego di molti ragazzi nella ricerca delle giache, a differenza delle balate per la pila che prevedeva solo alcuni pezzi e la manodopera di qualche mastro scalpellino. Per non parlare poi del trasporto di dette balate e della calce che dovevano essere trasportati necessaiamente con carretti, con gravi svantaggi per diversi calcinari e povera gente a cui veniva a mancare lavoro. Ma i tre decurioni d. Salvatore Cafisi, d. Giosuè Valenti e d. Pasquale Salamone insistevano sulla ricostruzione della pila che fra l’altro era malconcia., Considerate le divergenze emerse sui lavori da eseguire, il Sindaco Gaetano Giglia il 31 gennaio 1854 scriveva all’Intendente per la decisione finale.

Il 27 aprile 1868 il Sindaco Gerlando Vaccaro per prevenire una eventuale epidemia di tifo già sviluppatasi in Comuni viciniori a Favara, emetteva un’ordinanza diretta a togliere tutti i concimi ed erbe esistenti sulle strade. Si faceva inoltre divieto di depositare dette materie per le strade e per la esecuzione della suddetta ordinanza venivano incaricati gli agenti della forza publica e gli agenti comunali.

Tra i lavori che il Comune dava in appalto sono da evidenziare: nel 1871 quello per lo sgombero delle strade dai fanghi a Paolo Bosco e lavori di sfangatura delle pile relative alle fonti Canali e Giarritella ad Anna Schembri; pulizia della casa dell’acqua, sfangatura del ponte del Conzo, trasporto di bricciale, eliminazione delle carogne d’animali e bisogni igienici dalle strade; lire 7,56 al dott. Salvadore Spadaro per pillole che servirono pello avvelenamento dei cani; nel 1872 il Comune faceva esito di lire 41,60 a Calogero Chiodo per aver fatto togliere le carogne per le strade e lire 6 ad Angelo Annaccarato per aver fatto un fosso ove seppellire diverse carogne d’animali; lire 11,40 per spesa di trattamento agli ingegneri che si recarono in Favara per formulare il progetto estimativo delle opere sulle condutture d’acqua della fonte Giarritella; lire 15,90 per far fronte alla spesa del nuovo fonte; lire 40,60 per num. 8 rosoni del fonte Giarritella; lire 8 a Salvatore Re per cimento alla fonte Giarritella; lire 315 a Delfio Sajeva per costruzione della strada Giarritella; lire 5.545,55 per condutture dell’acqua in Giarritella; lire 2.569,64 a Domenico Sajeva per lavori nelle condutture e lire 977,78 per selciato in Giarritella

In data 31 dicembre 1874 il Prefetto trasmetteva una lettera scritta dal consigliere provincilae sulla igiene pubblica che recitava: Il malcontento e dico meglio il malumore generale degli abitanti del Comune per la riprovevole incuria che il Municipio ha adottato a sistema, su quanto riguarda la nettezza del paese è giunta a tal segno da far sino temere delle pubbliche manifestazioni ostili al Municipio medesimo, ed è perciò che io crederei mancare al mio dovere se non ne rendessi preventivamente intesa la S. V. Ill.ma. Ciò che vi è qui di ammasso di lordume, d’immondizia in fermento, di loti, di fanghi e di sozzure inqualificabili, non solo nei chiassi, nei vicoli, e nei cortili, ma eziando nelle vie principali e nelle piazze, è assolutamente indescrivibile. Dapertutto un lezzo di cloaca, un fetore insopportabile che ammorba l’atmosfera e di conseguenza l’umanità che in essa deve respirare. Le febbri intermittenti sono all’ordine del giorno; non vi è famiglia che non abbia uno o più ammalati; si consuma qui ogni giorno tanto solfato di chimico da far dire ad uno dei medici principali che si spreca più di quello che di carta bollata; e quel che è peggio che le intermittenti si presentano già col carattere delle perniciose e sinanco delle tifoidee, così da esserne tutti preoccupati. I medici sono i primi a proclamare altamente che causa di tutto ciò son le sozzure anticennate, e che ove dal Municipio non si rimedi prontamente dovrà egli poscia esser chiamato responsabile della vita di tanti suoi amministrati. Intanto dovunque non si parla che di questo deplorevole stato di cose; ogn’uno maledice all’Amministrazione pubblica del Comune, e questo, non ostante le private e pubbliche circostanze resta impassibile ed indifferente come ciò lo riguardasse. Io non so se alla S.S. Ill.ma siano pervenuti di tali reclami, ma è certo che si è trattato di sporgerle in firmato dei medici del Comune. Intanto io adempio al mio dovere di prevenirla di quanto sopra non senza manifestarle da mia parte che tutto quanto di orrendo e di micidiale potrebbe esserle riferito sul proposito, sarebbe sempre inferiore del vero, e che dal municipio si volesse e si potrebbe con poca spesa, purchè il lavoro fosse giornaliero, tenere relativamente pulito il paese.

All’inizio dell’anno 1875 la situazione igienica a Favara era divenuta insostenibile, tanto che alcune lettere di protesta arrivarono al Prefetto riguardanti lo stato deplorevole in cui versava il Comune relativamente alla pubblica igiene, nonchè sulle frequenti febbri intermittenti che si sviluppavano (lettera del Sindaco Gaetano Mendola del 7 gennaio 1875 indirizzata al Prefetto). Il Prefetto con una nota del 5 luglio 1875 disponeva l’invio di un consigliere provinciale. Il Mendola cercava di sminuire il contenuto della lettera con una sua nota, in cui diceva: Coloro che nel rappresentare simili notizie non tengono calcolo del vero stato di questo paese brevemente le faccio conoscere. Favara quantunque un paese popoloso, pure le sue strade, che sono in pendio ed in piano, molte mancano della regolare salciatura, e gli abitanti ne fanno tutti uso. Venute le prime pioggie nell’autunno, che vogliono essere sempre copiose, ne nasce per necessaria conseguenza che in qualche strada si formino delle agglomerazioni fangose, che i carri a ciò destinati trasportano fuori dell’abitato. Ed infatti nel nostro bilancio comunale sono state stanziate L. 1000 per nettamento delle strade. Nel dicembre 1874 dietro le prime pioggie si era già dato mano al diffangamento delle strade; ma sopravvenute poi continue intemperie, non si ha avuto più aggio di continuare la fattica, ed ora da tre giorni a questa parte che il tempo si è al quanto buonacciato si è spinta la fattica della pulizia delle strade con tutte attività triplicando e quatruplicando di persone e carretti, onde subito, e sino alle somme stanziate in bilancio, fossero tolti i fanghi dal paese. Mentre tale lavoro già era avviato, giunse la sua nota succalendata; e siccome altro mezzo non vi à che il suddetto, così ho creduto regolare ieri con il mio telegramma, di pregare la S. S. di sospendere l’invio del consigliere sanitario. perchè si spera fra poco spendervi tutte quelle somme che si crederanno necessarie per ottenere l’intero nettamento delle strade del Comune. Che Favara poi in ogni principio di Autunno sia soggetta alle febbri intermittenti, questo è vero; non è vero però, che nell’autunno ultimo 1874 sia stata assoggettata dippiù, per la poca igiene nel Comune, e ciò è tanto vero, che in quest’anno ultimo 1874 e nello autunno i decessi sono stati molto meno degli anni passati, come rilevasi dalla qui appresso distinta:

ottobre  62           48

novembre 77        33

dicembre 58         31

E’ con i sudetti ragguagli, che io ieri nel mio telegramma in cui pregava di sospendere l’invio del consigliere, usava l’espressione che aveva date tali notizie alla Regia Prefettura esagerava. La mancanza di Sindaco, dell’assessore anziano sig. Cafisi perchè ammalato, dell’assessore sig. cav. Gerlando Vaccaro perchè assente dal Comune, e dell’altro assessore sig. Fanara che vi ha renunziato, m’ha costretto pel bene del Comune di pubblicarmi il peso dell’intiera Amministrazione Comunale. Ma l’intempestiva misura adottata dalla D. S. comunicatami con la nota del 5 corrente mese, mi ha fatto determinare a dare le mie dimissioni dalla carica, di cui questo Consiglio Comunale m’aveva onorato. In seguito di ciœ prego la S. S. voglia facoltare la riunione straordinaria del Consiglio Comunale per la nomina degli assessori mancanti nell’intelligenza però che nel caso dell’assessore anziano sig. Cafisi non si stabilisca in salute ne rimarrà al posto fintantocchè verranno nominati i nuovi assessori, e ciœ perchè non venisse a giacere del tutto l’azienza Comunale.

Nella seduta del 9 maggio 1875(3) l’assessore dr. Gerlando Giudice chiedeva la parola e diceva: sono ormai quattordici anni che le Amministrazioni Comunali sono rette da libere Istituzioni e provvedono da loro al miglioramento del paese. Il Comune di Favara fin’oggi non ha saputo migliorare le proprie condizioni e spingere le opere pubbliche del paese in un grado da potere stare a fronte ad altri comuni della Provincia. Il paese difetta generalmente di strade, e di miglioramenti nelle sue piazze, di teatro , e di tutto ciò che ha bisogno per chiamarsi civile un paese di diciottomila anime. Favara in fatto di opere pubbliche è assai indietro a fronte d’altri Comuni, e questa popolazione con ragione reclama il miglioramento, ed è forza seguire il progresso della civiltà moderna. Le risorse del Comune sono scarse, i mezzi ordinari insufficienti. Quindi fà luogo provvedere con altri mezzi straordinari per

4.   idem nella strada Contino-Giarritella;

5.   idem nella strada Attanasio e di Stefano;

6.   riparazioni nelle strade vicino il Conzo;

quali sono di ben poca cosa a fronte alle altre strade del Comune che la loro riparazione è necessaria:

1.   apertura della strada provinciale;

2.   sistemazione della piazza;

3.   costruzione del teatro ed altre opere di simil natura v’abbisognano altre somme importanti, quindi fa duopo procedere nel bilancio venturo con altri mezzi straordinari ciœ per contrattazione di un mutuo ed emissione di cartelle;

A seguito di questo discorso la Decuria deliberava:

1.   resta autorizzata la esecuzione della strada Piscopo-Canali;

2.   riparare la fonte vecchia in Giarritella;

3.   per le altre strade si avranno la preferenza quelle i di cui prontisti maggiormente concorreranno nella spesa.

4.   autorizzare la Giunta a fare eseguire un piano d’arte per tutte le strade del Comune abbisognevoli di riparazione fino a 20 mt. del perimetro delle ultime case del Comune per ciò aversene la spesa preventiva occorrente;

5.   presentare un progetto onde potersi avere i mezzi per far fronte alla spesa bisognevole per la costruzione, e riparazioni delle strade sudette, mercè un mutuo, oppure l’emissione di cartelle, provvedendo il tutto ciò per l’ammortizzazione del capitale, e pagamento degli interessi annuali, nella compilazione del bilancio 1876.

In data 13 maggio 1875 si riuniva il Consiglio Comunale(4) con all’ordine del giorno: Pulizia delle strade interne del Comune. L’assessore dr. Gerlando Giudice, ottenuta la parola, diceva:..... in certe strade, maggiormente nella stagione estiva è impossibile il transito stante le esalazioni fetide provenienti dalle urine, che si vanno a gettare in quelle strade, ciò verrebbe a togliere, se ad esempio dei paesi in cui la civiltà ha fatto gran passi, si costruissero dei pisciatoj nei punti comunisti, ed ove, per le abitudini, vanno ad orinare.

Il Consiglio, ritenendo esatta l’osservazione del Giudice, deliberava la costruzione di dodici pisciatoi nei punti che la giunta doveva indicare, incominciando dalla pubblica piazza, con il pubblico delle somme dell’art. 67 delle opere pubbliche comunali.

Nel verbale allegato all’esercizio finanziario dell’anno 1876 veniva riportato che per il problema dell’igiene pubblica, pur non avendo raggiunto i traguardi desiderati, si erano avviate delle procedure propositive mediante l’appalto delle riparazioni e sistemazione di molte strade.

Nel 1881 si faceva esito di lire 17 a Cojo Luigi per aver ridotto a brecciame mc 20 di pietra da utilizzare per la manutenzione della strada Giarritella; nel 1880 lire 7 a Gioacchino Messina per sotterramento di 40 carogne rinvenute nelle pubbliche strade e lire 4,80 per un fossato per il seppellimento delle stesse; lire 5.204,68 a mastro Benedetto Sajeva per opere fatte nella strada che da Fedele conduce in Giarritella; Lire 562,50 ad Angelo da Naro per trasporto dei massi per la costruzione del nuovo fonte; lire 6 per trasporto di tubbi per il nuovo fonte.

Nel 1884 si erano iniziate alcune pratiche con una società per l’impianto di pozzi neri e per l’espurgo degli stessi. Detto passo, come evidenziato dall’Amministrazione nel bilancio di fine anno, rappresentava un passo avanti sull’annosa questione dell’igiene pubblica.

Nello stesso anno il Comune per la nettezza urbana assegnava lire 160 e 65 centesimi ad Antonio Crapanzano per affitto di num. 40 carrette e lire 208 a Salvatore Sciortino per altre 52 carrette; lire 4 a Maria Salamone per 20 scope; lire 6 a Francesco La Russa per fornitura di 10 pale di ferro ai pubblici spazzini.

Con rapporto del capo delle guardie municipali del 15 maggio 1886 veniva evidenziato che nel vallone di Favara ed in particolare nel tratto compreso fra il ponte del Conzo e la via che conduceva dalla piazza Canali allo stazzone, lungo il cammino delle acque, in due punti si erano formati due stagni dannosi per la salute pubblica, a causa dei continui miasmi e le fetide esalazioni che emanavano.

Con altro rapporto del dì 17 successivo il perito comunale aggiunto Antonio La Russa esponeva che i ristagni d’acqua erano reali e la causa era dovuta allo scarico delle acque che dalla fonte Giarritella si riversavano nel vallone che il cui percorso, in alcuni punti, si trovava ostruito da materiale proveniente dalla frana  verificatasi l’inverso scorso sotto la strada intercomunale Favara-Palma.

Per porre rimedio a tali inconvenienti il perito evidenziava la necessità di deviare le acque di scolo provenienti dalla nuova fonte Giarritella mediante una nuova cunetta da realizzare sotto il ponticello dello stradale, nelle terre dei sigg. Carmela Liotta vedova Cavaleri e figli, in modo tale da scaricare le acque nel letto dell’antico vallone che lambiva gli orti dal lato d’occidente e che, passando per la zona antistante lo scannatoio, vicino al magazzino di Amedeo Bruccoleri poteva immettersi in una condotta sotterranea e le portava fuori dall’abitato, oltre il ponte Cicchillo.

Dietro incarico del Sindaco il perito comunale si apprestava ad eseguire la descrizione e l’estimo dei terreni, la cui spesa per l’esproprio la faceva ascendere a lire 16,40, per un totale di mq. 40,00.

Detti terreni, in particolare, avevano una forma allungata e costeggiavano lo stradale Favara-Palma, ad un livello più basso, a cominciare dal ponticello esistente nel piano Giarritella, verso il secondo ponticello situato sul lato oriente ed all’estremità dello stesso piano.

Nonostante la promessa di un lauto compenso da parte del Sindaco ai proprietari dei terreni, questi contrastarono fortemente l’iter di esproprio, poiché essendo ortolani, traevano un utile da detti ristagni d’acqua che utilizzavano per la irrigazione dei terreni.

 

 

d) Denominazione delle vie e numeri civici

 

Per oltre cinque secoli Favara, sin dal primo sviluppo, è rimasta sprovvista di toponomastica; d'antronde non se ne ravvisava la necessità fino a quando il nucleo urbano era composto da pochi fuochi (famiglie). Prima della toponomastica ufficiale, gli elementi che contraddistinguevano una strada, un vicolo, un cortile, una piazza erano le famiglie più o meno in vista e, in alcuni casi, le attività ed altri elementi testimoniali come le chiese, le fonti, le scuole, etc. Così, ad es., quella che oggi risulta denominata via Pirandello, prima si chiamava strada degli studi per il fatto che nel palazzo di Gaspare Giudice, meglio conosciuto "di donna Gesuela", vi fu una scuola elementare; l'attuale via Piave prima era chiamata strada Giudice per detta famiglia; la strada D'Angelo per l'omonima famiglia che dimorò a Favara dalla fine del 1500 all'inizio del 1900; via Lombardi per la famiglia Lombardi; via Belmonte per l'omonima famiglia che dimorò a Favara tra la seconda metà del 1600 fino alla fine del 1800; via Mendola per la Famiglia dei baroni Mendola che dimorò a Favara dalla fine del 1600 fino al 1965; via Cafisi per la famiglia omonima che dimorò a Favara dall'inizio del 1700 fino al 1973; via principe di Baucina per Biagio Licata che si fregiò di tal titolo nel 1872; il c.le Mulè per la omonima famiglia presente a Favara dall'inizio del 1600 a tutt'oggi; via Miccichè per l'omonima famiglia presente a Favara dalla prima metà del 1600 a tutt'oggi; c.le e v.lo Dulcetta per l'omonima famiglia presente a Favara già nel 1500 e tutt'oggi esistente; l'attuale via Matteotti prima si chiamava "strada Giarritella"; l'attuale via Umberto prima si chiamava "strada lunga", etc. Solo tra la fine del 1836 e l'inizio del 1837, in relazione alle valutazioni dei fondi urbani, la Direzione per lo Rettificamento del Catasto fondiario delle due Valli di Girgenti e Caltanissetta sollecitò più volte il sindaco di Favara don Antonio Fasulo a provvedere alla numerazione delle porte ed alla denominazione delle strade con tinta nera ad olio, in modo tale da procedere alla opportuna verifica del Catasto fondiario del Comune e di conseguenza alla valutazione delle case, per i cui lavori era stato incaricato il controloro Miraglia. Il Sindaco giustificò i ritardi perchè l'intendente non approvava siffatti lavori in pittura, anzi ordinò di eseguirli con mattoni, tramite appalto a pubblico incanto.

Intorno alla metà del mese di maggio 1837, il Sindaco riuniva la Decuria per esporre la circolare con cui veniva disposta la perizia per la spesa dei mattoni, gesso e manodopera che ammontava a 75 onze. Tali lavori non ebbero compimento per i costi elevati ed il 19 ottobre dello stesso anno venne incaricato il perito Carmelo Plicato per la redazione di una perizia che prevedesse la esecuzione dei lavori con tinta nera a sguazzo e non già ad olio per risparmio di spese. Secondo la perizia la spesa ammontava ad onze 23, di cui 9.10 per manodopera e 1.20 per calcina, tarì 18 per sabbia, tarì 11 per ql. 1 e rotoli 10 di olio di lino e tarì 12 per rotoli 1 di terra nera. Il controloro disapprovò detta soluzione perchè sarebbe stata di poca durata pretendendo la tinta ad olio. Ma gli avanzi del controloro Miraglia sembra non abbiano avuto buon esito, considerato che il giorno successivo venne dato incarico a mastro Carmelo Pancucci per la esecuzione dei lavori, affiancato da mastro Emanuele Galante, perfetto conoscitore delle strade, vicoli e cortili di Favara.

 

 

e) La toponomastica

 

e.1) La piazza Cavour

Nel 1548 Favara contava 500 abitanti, numero che nell’arco di un ventennio lievitava a 1726. Fino a questo periodo la piazza Cavour non esisteva e la zona urbanizzata si estendeva a valle, fra il castello e la chiesetta S. Nicolò. Con i De Marinis furono erette le prime chiese a Favara, che divennero poli d’attrazione per le nuove edificazioni civili. Nella seconda metà del 1500 veniva eretta la prima matrice, nel luogo dell’attuale (del 1898) e la sua presenza, nel corso di pochi decenni ha determinato il formarsi dell’impianto urbano che ha delimitato la piazza. Un dato rilevante è la larghezza della piazza, corrispondente perfettamente alla larghezza della preesistente cinta fortificata turrita legata al castello,con molta probabilità dettata da ragioni di sicurezza, considerato che la cinta fortificata rappresentava il baluardo di difesa del castello, dalla seconda metà del 1500 fino a qualche anno dopo l’unità d’Italia utilizzato come carcere. In realtà la concezione di piazza come spazio pubblico per eccellenza da fruire (come oggi viene inteso) non esisteva fino alla seconda metà del 1800 e questo lo possiamo evidenziare dal fatto che edifici di pregio sorti fra la fine del 1700 come il palazzo Contino-Fidirichello e nel 1800 come quello di Salvatore Cafisi, di Giuseppe Mendola (oggi municipio) hanno pregevoli portali d’ingresso non sulla piazza ma sulle vie secondarie (vie Arco Cafisi e Mendola). Consolidato il fatto che la piazza iniziò ad avere una connotazione nella seconda metà del "500, passiamo adesso alla toponomastica a partire dal 1593 fino alla dedica a Cavour. Giova precisare che la toponomastica iniziò ad avere una connotazione ufficiale nella prima metà del 1800. Fino a questo periodo i riferimenti per l’ubicazione dei beni stabili urbani erano i toponimi dei quartieri e sottoquartieri o contrade (Favara era diviso in due quartieri: a sud quello cinque-seicentesco della “Matrice”, a nord quello sette-ottocentesco di “S. Antonio” divisi dalla via Lunga (poi via Umberto) oltre che nomi e cognomi dei confinanti. Per la ricerca sono state utilizzate le uniche fonti di riferimento: i Riveli dei beni e delle anime, il Borro, i registri dell’ufficio anagrafe e stato civile. I Riveli dei beni e delle anime di Favara custoditi presso l’archivio di Stato di Palermo coprono il periodo dal 1593 al 1748 e riportano dichiarazioni dei capifamiglia sui componenti della famiglia, sui beni stabili (case, terreni), beni mobili (animali, crediti) e gravezze (debiti, affitti); Il Borro borbonico del 1838-1839 custodito presso l’archivio di Stato di Agrigento è un censimento molto più dettagliato rispetto ai Riveli perché compilato in occasione della rettifica del Catasto e l'assegnazione, per la prima volta, della toponomastica e dei numeri civici. I registri di nascita, matrimoni e morti del Comune di Favara vennero istituiti nel 1820, con la particolarità che quelli fino all’unità d’Italia non riportano i toponimi delle vie, ma semplicemente i quartieri, mentre quelli dopo l’unità d’Italia riportano le vie. A seguito dell’analisi di detti documenti, dal 1593 alla dedica a Cavour per la piazza principale di Favara, è stato prodotto il seguente abaco con riferimento agli anni di rilevamento, al toponimo utilizzato e le famiglie dichiaranti che vi abitavano.

 

Docum.

Anno

Denominazione

Famiglia dichiarante

Riveli

1593

c.da della Piazza

Spina Silvestro e .......... Maria

 

Vaieli ? Vincenzo e .......... Margherita

 

Barone Gerlando e .......... Palma

 

pubblica Piazza

Minaldo Vincenzo e Francardo Letizia

 

piano del Castello

La Russa Vincenzo e Murena Angela

1607

c.da Castello

Attardo Giovanni e Genuardo Laura

 

pubblica Piazza

Pasciuta Baldassare e Riccobene Palma

 

Cappello Agostino e Bellavia Giovanna

 

Alfano Crispino e Leone Girolama

 

c.da della Piazza

Di Lucia Giacomo e Polizzi Vincenza

 

piano della Piazza

Polizzi Filippo e Balconeri ? Caterina

1616

pubblica Piazza

Pizzo Filippo e Gelardo Lucia

 

Pasciuta Baldassare e Riccobene Palma

1623

c.da della Piazza

Di Miceli Baldassare e Crisci Francesca

 

Pirrera Giuseppe e Casalisi Anna

 

Pignola Alonso e De Bernardo Girolama

 

pubblica piazza

Castellana Diego e Cappello Sicilia

 

Cappello Agostino e Bellavia Giovanna

 

Pizzo Filippo e Gelardo Lucia

1636

c.da della Piazza

Benza Gregorio e Lo Guasto Angela

 

pubblica Piazza

Parisola Francesco e Marino Antonia

 

Notaio Alferi Giuseppe e Randazzo Elisabetta

 

Pirrera Giuseppe e Casalisi Anna

 

Pignola Alonso e De Bernardo Girolama

 

Bellavia Tommaso e .......... Laura

1651

pubblica Piazza

Benza Gregorio e Amella Agata

1682

pubblica Piazza

Castellana Biagio e Vaccaro Anna

 

Avenia Libertino e Spina Rosalia

 

Marino Antonino e Portalone Anna Maria

 

Chiesa del SS. Rosario

1748

pubblica Piazza

Marrone Girolamo e Schifano Gerlanda

 

Bennardo Giovanni e Schifano Santa

 

Patti Francesco e .......... Paola?

 

c.da della Piazza

Lauricella Angelo sacerdote

Borro

1838

largo Piazza

Salamone Pasquale e Fidirichello Antonia

 

Licata Biagio e Cafisi Maria

 

Di Salvo Calogero e Giudice Anna

 

Fanara Paolo e Fanara Anna

 

Montalbano Nicolò e Costanza Anna

 

Petta Agatino e Fidirichello Michela

 

Mulè Raffaele e Calafatello Rosalia

 

Arnone Amedeo notaio e Fanara Antonia

 

Montalbano Gaetano notaio e Piscopo Maria

 

Cafisi Stefano e Lombardo Giuseppa

 

Papia Onofrio e Buggea Michela

 

Imbergano Salvatore e Cimino Girolama

 

Fidirichello Filippo e Mendola Concetta

 

Mendola Giuseppe barone e Licata Angela

 

Lombardo Angelo e Dulcetta Rosa

 

Vita Gaetano e Caramanno Mariassunta

 

Pirrera Antonio e Amico Rosa

 

Cafisi Giuseppe e La Lumia Teresa

 

Cafisi Salvatore e Mendola Girolama

 

Bennardo Angelo e Bellavia Gaetana

 

Comune di Favara

 

Piscopo Calogero

 

Fasulo Giosuè sacerdote

 

Cafisi Paolo

 

Sacra Distribuzione

 

D'oro Francesco

 

Chiesa del Purgatorio

 

Imbergano Vincenzo

 

Montalto Calogero e Conti Maria

 

Tigano Maria suora

 

Chiesa del SS. Rosario

 

Ricca Francesco barone e Maria Filippa

Registri anagrafici Comune

1878

piazza Castello

Cafisi Stefano e Giudice Maria Carolina

1879

Lo Brutto Filippo e Morreale Giuseppa

1880

Sicurella Salvatore e Morrealese Maria

1880

Schembri Diego e Mongiovì Maria Carmela

1881

Candido Saverio

1882

Maniglia Francesco e Ciulla Rosalia

 

1883

Piazza Cavour

 

 

Dalla lettura di detto abaco emerge che:

nel 1593 la piazza non aveva un toponimo specifico e veniva appellata c.da della piazza, pubblica piazza e piano del Castello;

nel 1607 c.da Castello, pubblica piazza, c.da della piazza, piano della piazza;

dal 1623 e nel 1748 pubblica piazza e sporadicamente c.da della Piazza;

nel Borro del 1838 esclusivamente largo Piazza;

nei registri del Comune dall’Unità d’Italia fino alla dedica a Cavour (1880 ca) esclusivamente piazza Castello (va, comunque, precisato che lo stesso toponimo spesso veniva impropriamente usato per individuare la piazza della Vittoria (altro toponimo del Risorgimento nel 2022 sostituito con piazza Calogero Marrone), e non è un caso se anche oggi quella zona viene volgarmente chiamata “Casteddru”. Probabilmente l’uso improprio del toponimo “Casteddru/castello” deriva dall’immaginario collettivo del triste uso del castello a carcere.

In una eventuale revisionismo storico della toponomastica della piazza Cavour dovranno escludersi i termini c.da, piano, largo, pubblica piazza perché anacronistici e ripetitivi. Senza dubbio più congruo risulta il toponimo “piazza Castello” perché fa riferimento all’emergenza architettonica che ha determinato la nascita della comunità favarese, come è avvenuto in tanti altri Comuni.

 

 

f) Andamento demografico decennale dal 1548 al 1999

anno

nati

decessi

matrimoni

abitanti

media

nascite

media

decessi

media

matrimoni

1548

-

-

-

500

-

-

-

1570

-

-

-

1.726

-

-

-

1583

-

-

-

1.095

-

-

-

1590

150

77

-

-

136

90

-

1600

88

100

38

-

129

100

34

1610

215

60

61

-

202

62

54

1620

222

134

43

-

174

112

46

1630

179

136

54

-

179

-

45

1640

220

133

57

2.731

210

114

42

1650

189

63

45

-

188

97

37

1660

211

141

65

-

193

99

52

1670

229

135

59

-

206

117

52

1680

212

186

30

-

219

159

30

1690

249

102

46

-

219

151

49

1700

255

155

72

-

250

187

60

1710

218

139

59

-

255

150

55

1720

260

215

62

-

245

203

74

1730

193

262

59

-

228

236

41

1740

274

153

68

-

297

177

79

1750

280

477

63

-

292

315

60

1760

328

323

85

-

335

265

75

1770

276

309

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-

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-

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-

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-

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-

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-

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-

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1999

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224

234