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Memorie storiche di Favara di Carmelo Antinoro

STELE, EDICOLE, CROCI, EPIGRAFI, ...

 

Il monumento ai caduti della prima Guerra Mondiale

 

Monumento ai militari favaresi caduti della prima Guerra Mondiale

 

 

Dall’idea di erigere un monumento ai caduti della prima Guerra Mondiale nel 1921 alla posa della prima pietra nel 1922 (dal diario inedito del segretario comunale di Favara Vincenzo De Vecchi)

Nella metà del 1921 un comitato di giovani volenterosi, con alla testa l’avv. Calogero Palermo, decisero di raccogliere i fondi per la realizzazione di un monumento per ricordare i 192 soldati favaresi caduti nella Prima Guerra Mondiale. Nel mese di agosto avevano raccolto 8000 lire. Il giorno 3 di detto mese si sono riuniti presso i locali delle scuole elementari, l’obiettivo era arrivare a raccogliere 23.000 lire per realizzare un modesto monumento. Tra i partecipanti a detta riunione, oltre all’avv. Palermo, c’erano il prof. Francesco Scaduto, l’avv. Francesco Bennardo, l’avv. Gaspare Ambrosini e i dottori Calogero Valenti e Gerlando Spadaro. Il comitato propose d’innalzare un monumento nella piazza Cavour che riportasse i nomi dei caduti per la Patria. Il 4 novembre 1921 si svolse in piazza Cavour una messa per il milite ignoto che vide un gran concorso di popolo. Erano presenti il Comune col suo gonfalone, i Circoli con le loro bandiere, gli alunni delle scuole elementari, il distaccamento del 5° Fanteria, i Reali Carabinieri, gli ufficiali in servizio e in congedo. La banda suonò inni patriottici. Fu un momento solenne, anche per la presenza dei parenti dei militari caduti in guerra. Terminata la messa le alunne delle scuole elementari intonarono l’inno del Piave accompagnati dalla banda musicale. Dopo i discorsi di rito venne posata la prima pietra del monumento ai caduti. Il 1921 si chiudeva, a Favara, con 30 omicidi e 3 persone scomparse.

 

L’inaugurazione del monumento ai caduti nel 1922 (dal libro Favara dalle origini ai nostri giorni del sac. Giovanni Lentini)

Ad est della piazza Cavour si ammira la stele dedicata ai militari caduti per la Patria nella prima Guerra Mondiale. L’opera è dello scultore palermitano Cosimo Sorgi, con l’aiuto del padre cav. uff. Francesco.

Favara fu il primo Comune della Provincia di Agrigento a fare realizzare un monumento ai propri figli caduti per la Patria. L’opera fu inaugurata in modo solenne la domenica del 23 aprile 1922, alla presenza di un nutrito numero di cittadini favaresi. Erano presenti la banda musicale del Comune, una compagnia di militari, numerosi ufficiali e il comandante del 5° Reggimento Ten. Colonnello cav. Emanuele Rossi, preceduti dalla gloriosa e vecchia bandiera del 5° Fanteria e da quella nuova del 247° Reggimento. Parteciparono alla cerimonia il Prefetto cav. Vergara, il Questore cav. uff. Presti, il presidente della Deputazione prov.le avv. Lo Presti, l’on. Giovanni Miccichè, il Sindaco di Agrigento on. avv. Fronda, il cav. uff. avv. Lentini in rappresentanza del Consorzio del Voltano, il Giudice Gaspare Ambrosini in rappresentanza del presidente del Tribunale di Agrigento, il Provveditore agli studi cav. Costanzo, il Capitano Menichetti e il Tenente Schillirò dei Reali Carabinieri. Impartì la benedizione al monumento il Vescovo Bartolomeo Lagumina assistito dal clero. Sentiti discorsi furono pronunciati dall’avv. Calogero Palermo presidente del Comitato esecutivo, il cav. uff. Marco D’Alia Regio Commissario del Comune, il Tenente Colonnello Rossi comandante del 5° Fanteria. Poi il Tenente Colonnello Rossi applica sul petto la medaglia d’argento al soldato Calogero Bellavia, la medaglia di bronzo al Tenente Piscopo, segretario del Comitato, e al soldato Luigi Airò Farulla. Il Comitato esecutivo (composto  dall’avv. Calogero Palermo, dal segretario Giulio Piscopo e dai membri avv. Vincenzo Re, Antonio Amico, geom. Giulio Giglia, avv. Alessandro Ambrosini, dr. Gerlando Spadaro) procedette alla consegna del monumento al Regio Commissario del Comune D’Alia e chiuse la cerimonia il prof. Gaspare Ambrosini dell’Università di Palermo con un vibrante discorso. Nelle sei epigrafi incastonate alla base della stele furono incisi i nomi dei 184 gloriosi caduti (che poi si rivelarono essere di più e qualche altro nome venne aggiunto successivamente) Per il monumento venne spesa la somma di lire 31,786,95. La fondazione, la base della stele e le bordura in pietra intagliata vennero realizzate dal mastro scalpellino Raimondo Lentini. La ringhiera in ferro battuto venne realizzata dal mastro Diego Galiano e figli. La roccia che si erge dalla base della stele simboleggia l’aspra guerra della montagna. L’aquila in bronzo, simbolo di eroismo e vittoria, sembra voler deporre sui caduti una foglia di quercia che stringe fra gli artigli. Dalla roccia si erge la stele con lo stemma di Favara e la storica data della prima Guerra Mondiale. La stele termina con la radiosa Stella d’Italia.

 

 

Il mezzo busto del barone Mendola

 

 

Nel 1925 un gruppo di volenterosi favaresi, per iniziativa del cav. Salvatore Piscopo raccolse i fondi per realizzare un monumento a perenne memoria del filantropo barone Antonio Mendola. Il costo complessivo dell’opera, compreso il trasporto ferroviario da Palermo fu di lire 10.485. La collocazione dell’opera all’ingresso della biblioteca comunale di Favara e l’inaugurazione avvennero nel 1926. Trattasi di una stele in marmo di Billiemi, con sopra il mezzo busto in bronzo del barone Antonio Mendola. L’opera venne realizzata dallo scultore palermitano Antonio Ugo, autore anche dell’opera marmorea custodita all’interno della chiesa dell’Immacolata, al boccone del povero.

Sono trascorsi 85 anni, quando la notte del 19 ottobre 2011 ignoti balordi, mai identificati, trafugarono il mezzo busto in bronzo, liberandolo dal monolite marmoreo modanato a cui il mezzo busto era collegato, lasciandolo a terra. La mattina successiva la notizia lasciò amarezza e sconcerto a Favara. Dopo alcuni giorni, considerato che nessuna notizia arrivava sul ritrovamento della scultura, l’Amministrazione comunale aprì un conto corrente postale per raccogliere fondi per la realizzazione di un nuovo mezzo busto, ma per la crisi dilagante, la diffidenza, l'indifferenza l’astio della popolazione nei confronti della politica e dei politici locali, non un centesimo venne versato. La stele commemorativa restava così senza il suo inquilino, quell’inquilino che, per la verità, durante la vita era stato refrattario a titoli e orpelli. Per volontà di un benefattore che non ha voluto svelare l'identità, intorno alla seconda metà del 2014 veniva commissionata all’artista aragonese Giovanni Proietto un nuovo mezzo busto. Il calco venne realizzato sulla scultura in marmo della chiesa del boccone del povero uguale, nelle forme, di quella in bronzo collocata nel 1926. La nuova differisce da quella antica nella larghezza della parte d'appoggio, come si può vedere dalle due foto. In sostanza l'artista non ha tenuto conto (o più probabile non è stato informato) che il mezzo busto doveva essere ricollocato nella stessa base che i malviventi avevano abbandonato a terra nell'atto del trafugamento. Il 19 marzo 2015 si procedeva alla collocazione del nuovo mezzo busto, ma durante le operazioni la superficie d'appoggio si rivelava inidonea, stretta, motivo per cui il mastro muratore, o chi per lui, ha pensato di capovolgere la base in marmo, con l'aggiunta di una nuova lastra di marmo che rende ancora più sgradevole l'effetto d'insieme. Infine ha fatto bullonare l'opera alla struttura in marmo e, per impedire altro trafugamento, ha riempito di calcestruzzo la parte retrostante dell'opera. Il vecchio mezzo busto differiva dal nuovo anche per la presenza di un particolare: il barone recava al petto la medaglia di cavaliere dell'ordine al merito del lavoro, ricevuta con nomina del 28 Giugno 1903 e fatta pervenire al barone con lettera del 17 luglio (giorno nefasto nei significati simbolici, come lo stesso barone annotava nei suoi diari). Fatto sta che il nuovo mezzo busto è stato spogliato da questa onorificenza.

Povero barone! Pare che la cattiva sorte lo perseguiti nonostante i tanti anni trascorsi dalla sua dipartita.

 

busto in bronzo del 1926

busto marmoreo dell'Opera pia

busto in bronzo del 2015

busto in bronzo del 2015

 

Croci delle missioni dei frati

 

1 - Croce del 1901 fra convento e orfanotrofio

Croce del 1901 fra convento e orfanotrofio

 

2 - Croce del 1901 fra convento e orfanotrofio

 

3 - Edicola S. Rocco   5 - Croce in v. A. Moro

 

4 - Croce sopra edicola in piazza della Vittoria

 

 

Nel passato, nel corso di ogni missione di frati in Favara, a perpetuo ricordo veniva impiantata una croce, sicché queste croci hanno una storia e una tradizione. Dette croci venivano piantate sopra gran piedistalli aperti davanti, e muniti di grata di ferro che si apriva e chiudeva a formare una cappelletta, in cui veniva collocata la statuetta del Cristo o della Madonna.

Le missioni del secolo XIX sec. duravano da 4 a 5 mesi. Si facevano molti esercizi spirituali in luoghi chiusi. Finivano con una festa trionfale e con grande processione e scene di pubblicità da parte dei peccatori penitenti.

Ogni missione lasciava effetti grandi, generali e duraturi nel tempo.

Ogni sera i devoti vi accendevano lampade. In alcune di queste croci, nel periodo di Natale, venivano accomodate le cosiddette novene con la "sparacogna", foglie di asparago selvatico, cosparse di fiocchetti di cotone bianco per la neve, foglie di arancio e limone. La sera, di fronte queste croci addobbate si celebrava la novena, con violini e altri strumenti di banda musicale o suonare la pastorale, la litania della Madonna ed altre canzonette.

Alcune di queste croci (le più antiche in legno) sono scomparse o sostituite con altre, in certi casi con cappellette o edicole votive in muratura. Si citano:

-    Croce di ferro (non più esistente) con grande piedistallo o figurella sulla collina di S. Francesco,  a tutela dell’antico cimitero.

-    Croce di legno (non più esistente) nel pianoro d'ingresso alla scalinata della chiesa dell’Itria - realizzata intorno al 1836 a seguito di una missione in Favara di tre padri gesuiti, a capo dei quali era p. Buonadonna. Verso il 1840-1841 vennero i Liguorini da Girgenti, il cui capo della missione fu p. Dolcemascolo, accompagnato dai pp. Picone, Bizzarrone e Trupia; ma non posero croce.

-    Croce (non più esistente) sul lato destro della strada rotabile che andava da Girgenti a Favara, a monte, ad un chilometro circa fuori dal paese, chiamata croce di S. Calogero - realizzata nel 1845 a seguito della venuta dei Liguorini con il rettore p. Fiorentino. C’erano pure i pp. Dragotta, Trupia ed altri.

-    Croce di ferro (al posto della croce oggi c'è un piedistallo con sopra la statua di Cristo - v. foto 3) con i simboli della passione di Cristo (il gallo, la spugna e la lancia, la corona di spine), lungo la strada che da Favara conduceva a Canicattì, presso l’antica e distrutta chiesetta di S. Rocco - realizzata nel 1859 a seguito della venuta dei cappuccini con il rettore p. Michele, assieme a p. Lorenzo da Bivona ed i pp. Giuseppe e Antonio. Questa croce, realizzata dal fabbro ferraio mastro Salvatore Galiano, era chiamata croce della Giarritella, perché vicina alla fonte Giarritella, dirimpetto il mulino a vapore del cav. Francesco Cafisi, anch’esso distrutto ed i cui casamenti si locarono ad uso di abitazione.

-    Croce di legno (non più esistente) sul pianoro della collina di S. Francesco - posata su un piedistallo realizzato appositamente nel febbraio 1901, in occasione della prima missione del XX sec. in Favara. La missione è stata breve, senza esercizi spirituali chiusi o di raccoglimento. I civili non ci sono andati. I tempi cominciarono a mutare. La missione, retta dal p. Benedetto da Palazzolo, è stata effimera, da non lasciare traccia nel morale del popolo (v. foto 1-2).

-    Croce di ferro su piedistallo o cappelletta realizzata con muratura in pietra da taglio nell’attuale piazza della Vittoria, di fronte l’ex carcere mandamentale - realizzata nel marzo 1932 a seguito della missione dei pp. Redentoristi  (v. foto 4).

-    Croce di ferro su piedistallo - realizzata nel marzo 1964 per la strada che conduce ad Agrigento (all’incrocio fra le vie A. Moro e P. S. Mattarella) a seguito di una missione francescana   (v. foto 5).

 

 

Edicole votive

 

1

Cappella dedicata alla Madonna dell'Itria nel Palazzo Giudice di via Pirandello

 

2

Edicola dedicata a S. Rosalia, in c.da ForcheLa stessa edicola ristrutturata

 

3

Edicola votiva in v.sold. Costanza

 

4

Edicola della Madonna delle Grazie

 

 

Edicola dedicata alla Madonna dell'Itria nel Palazzo di Gaspare Giudice

Edicola in muratura con grata in ferro battuto della prima metà del 1800, dedicata alla Madonna dell'Itria, riprodotta con intonaco in bassorilievo dipinto (in cattivo stato di conservazione e in completo abbandono).

Si trova al piano terra del palazzo di Gaspare Giudice, sul muro est della galleria che dava accesso alle carrozze, con ingresso da via Piave, fra i quartieri del Carmine e della Grotta. (v. f. 1)

 

Edicola in c.da S. Rosalia

Edicola in muratura di fattura ottocentesca, dedicata a S. Rosalia, con calvario, in c.da Forche-S. Rosalia (di recente totalmente ristrutturata e rinnovata nell'aspetto), all’incrocio della strada che collegava Favara con Palma di Montechiaro, Naro e c.da Fontana degli Angeli.  (v. f. 2)

 

Edicola in via soldato Costanza

Edicola in muratura di fattura molto povera, in via soldato Costanza, quartiere S. Calogero.   (v. f. 3)

 

Edicola alla Grazia lontana

Edicola in muratura di gusto neoclassico, dedicata alla Madonna delle Grazie, realizzata sul muro di contenimento del terreno dove si trova ubicata la omonima chiesa "della Grazia lontana". L'edicola è stata realizzata dopo il 1885, a seguito della costruzione della strada Favara-Castrofilippo.   (v. f. 4)

 

 

Epigrafe in piazza Garibaldi

 

Epigrafe in onore di Ignazio Cascio

 

 

Epigrafe in piazza Garibaldi (già piazza del Carmine) apposta sulla casa d'abitazione ed in onore di Ignazio Cascio da parte del Comune di Favara (seduta di Giunta Municipale del 13 aprile 1886), secondo cui "il defunto Cascio era stato il solo che, con le sue ultime volontà aveva disposto, con animo filantropo, la maggior parte del proprio patrimonio - lire 12.750,00 - in vantaggio dei poveri del Comune e che per tale benefica azione meritava essere ricordato".

 

 

Statua edl Redentore

 

Cristo sacerdote al Seminario Vescovile di Favara.

 

 

Statua del Cristo Redentore in bronzo ubicata sulla collinetta del seminario vescovile, alta 3 m., posta su un pilastro di 12 m., opera di Luigi Fornara da Borgomanero, inaugurata nel maggio 1964.